Apocalypse Now (1979): un’odissea all’interno della follia umana

di Emanuele Fornito
6 Min.

Trama

Il capitano Benjamin Willard (Martin Sheen) viene incaricato di portare a termine il comando che il colonnello Walter Kurtz (Marlon Brando) aveva assunto in una giungla in Cambogia, in cui era riuscito a creare una vera e propria setta e ad essere venerato come un dio dagli abitanti autoctoni.

Recensione

Oltre la trilogia de Il Padrino (1972, 1974, 1990), Apocalypse Now può definirsi uno dei capolavori del regista Francis Ford Coppola, e tra i migliori film della storia del cinema, un film che ha segnato indelebilmente la storia del cinema statunitense e un pilastro della New Hollywood.

Ambientato durante la guerra del Vietnam, Apocalypse Now all’apparenza potrebbe sembrare il classico prodotto di azione con ambientazione bellica (e in particolare il tema del Vietnam sarà particolarmente usato nel cinema statunitense di quegli anni), ma alla fine delle sue due ore e mezza emerge la sua vera natura: un film di introspezione e indagine su quelle che sono le parti più irrazionali e folli dell’uomo, capace attraverso esse di compiere gesti tanto clamorosi quanto tragici.

Non a caso, il film è liberamente ispirato al racconto Cuore di tenebra di Joseph Conrad, con il quale condivide, oltre a diversi parallelismi (cornice narrativa e alcuni personaggi), il messaggio e l’idea dell’intera narrazione. Ma partiamo con ordine.

Francis Ford Coppola sul set del film

Quando si parla di Apocalypse Now non si può non fare un breve excursus iniziale riguardo le vicende di produzione. Per ironia della sorte, l’odissea mostrata nel film ha infatti riguardato in un certo senso l’intero cast: il film fu infatti girato nelle Filippine, dove fu impiegato ben un anno e mezzo di riprese per portarlo a termine (sforando di gran lunga il budget imposto dalla United Artists), periodo nel quale diversi attori si ammalarono di malaria, altri arrivavano spesso sul set ubriachi o sotto effetti di stupefacenti e, come se non bastasse, il protagonista Martin Sheen fu colpito da un infarto a causo dell’abuso di alcolici (costringendo all’utilizzo di una controfigura). Il tutto portò il regista Coppola ad uno stato di vera e propria depressione, a tal punto da tentare il suicidio e rischiare il divorzio con sua moglie.

Come nel racconto di Conrad, l’intera narrazione è basata sull’attraversamento del fiume Nung alla ricerca di una setta nascosta nelle giungle della Cambogia: è l’inizio di una vera e propria odissea. Durante la traversata, infatti, lo spettatore ha la possibilità di incontrare personaggi e situazioni che, pur sembrando coerenti con il contesto guerresco in cui sono inseriti, non fanno altro che trasmettere un continuo senso di pazzia, completa sceleratezza nelle azioni compiute: è la follia della guerra, che porta ad una completa corruzione della parte etica e morale degli uomini che ne prendono parte (per la maggior parte involontariamente). L’alienazione, infatti, riguarda non solo i semplici soldati, i quali il più delle volte muoiono brutalmente, ma anche gli ufficiali, ovvero coloro che dovrebbero tenere le redini di un intero esercito, oltre che prendere decisioni fondamentali: è il caso per esempio del personaggio di Kilgore, interpretato da un iconico Robert Duvall.

Marlon Brando nei panni del colonnello Kurtz

Le scene sensazionali di scontri armati, elicotteri in volo ed esplosioni se da una parte contribuiscono alla spettacolarità del film in sé, che risulta visivamente magnifico, dall’altra rendono innegabilmente cruenta ed esplicita la facilità con la quale viene compiuta violenza estrema su villaggi di persone innocenti. A questo proposito vi è il personaggio del colonnello Kurtz, il quale è personificazione ed estremizzazione di quello che fino ad ora erano stati messaggi solo indiretti: egli arriva come conquistatore e si fa venerare come un dio, creando una setta tanto a lui fedele quanto perversa nell’uso della violenza. E’ proprio contro questa assurdità che il capitano Willard dovrà interfacciarsi e affrontare, finendo con l’uccisione del colonnello per sua espressa volontà. Kurtz aveva infatti preso coscienza della completa degenerazione in atto e, senza tuttavia mai ammettere alcun giudizio esterno, trova nella morte l’unica fine possibile. Il messaggio si estende chiaramente all’universalità: bisogna leggere i personaggi come i protagonisti del mondo di allora (e di oggi), ovvero un Occidente violento che finisce per conquistare quanto più possibile, spesso dimenticandosi anche il perché di tale violenza. Alla fine, come nel caso del colonnello Kurtz, però, l’autodistruzione del sistema sarà necessario, poiché è esso il suo destino instrinseco.

La scena dell’arrivo degli elicotteri sul villaggio di Viet Cong

Apocalypse Now è sicuramente un cult imperdibile: la scena iniziale sulle note di The End dei The Doors o quella dell’arrivo degli elicotteri sulle note della Cavalcata delle Valchirie di Wagner sono oramai entrate nell’immaginario comune della cinematografia contemporanea, rendendo Apocalypse Now un vero e proprio capolavoro.

Scritto da Emanuele Fornito



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