Ad Haiti continua la violenza delle bande criminali

di Mirko Aufiero
6 Min.

Non si ferma la crisi politica, sociale ed economica ad Haiti. Lunedì i membri di alcune bande armate hanno attaccato due quartieri “bene” della capitale Port-au-Prince, provocando la morte di almeno 12 persone.

I quartieri in questione sono Laboule e Thomassin, dove hanno sede ambasciate, ong e vivono le persone più benestanti del Paese. Si trovano nella zona collinare della città, fino ad allora scampata alle incursioni delle bande, limitate ai quartieri più poveri e a quelli attorno all’aeroporto.

L’attacco è avvenuto all’alba di lunedì, quando uomini armati si sono recati nella zona per saccheggiarne le abitazioni. Secondo Ap, le vittime sarebbero almeno 12, i cui corpi sono stati trovati riversi nelle strade.

La capitale è in mano alle bande

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Le bande haitiane nel corso degli ultimi anni hanno preso il controllo di circa l’80% della capitale. Il loro potere nasce da profondi legami con le élite politiche ed economiche del Paese – per le quali agivano come braccio armato – ma nel corso del tempo si sono rese sempre più indipendenti.

I loro finanziamenti provengono soprattutto dal contrabbando di armi da fuoco e dal pagamento dei riscatti delle persone rapite. Grazie a questo denaro, hanno espanso la propria sfera d’influenza, agevolate da uno Stato che non è in grado di contenerne le azioni.

Il loro numero è stimato attorno alle 200, concentrate nella capitale e nelle zone circostanti. Il panorama criminale di Haiti è fatto da una politica di alleanze e rivalità, con coalizioni di bande in contrasto tra loro.

La coalizione più grande è G9 Family and Allies, guidata da “Barbecue” (soprannome di Jimmy Chérizier). I leader di queste bande affermano che il loro obiettivo è rimuovere il presidente Henry, in carica da dopo l’assassinio del presidente Jovenel Moise avvenuto nel 2021.

Il 12 marzo il presidente Henry ha annunciato che presenterà le sue dimissioni una volta creato un consiglio di transizione. Il consiglio avrà il compito di scegliere un nuovo primo ministro ad interim e i nuovi ministri, in attesa di nuove elezioni generali. Il processo sarà guidato dal Caricom, un’organizzazione internazionale che comprende diversi Paesi dei Caraibi.

Questa prospettiva non ha fermato le azioni delle bande, che intendono avere un ruolo di primo piano nella costruzione del futuro di Haiti.

Gli attacchi alle prigioni

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L’ultima ondata di attacchi è iniziata il 29 febbraio, mentre il presidente Henry era in Kenya per velocizzare il dispiegamento di forze di polizia kenyote ad Haiti. Questa iniziativa era già stata approvata dal Consiglio di Sicurezza Onu ad ottobre per aiutare la polizia locale.

Nel corso delle settimane le azioni delle bande sono diventate sempre più violente. Secondo il ministro delle Finanze Patrick Boivert ci sarebbero stati rapimenti, uccisioni, violenze contro donne e bambini e saccheggi.

I gruppi armati hanno preso di mira anche le due principali carceri del Paese, attaccandole e liberando oltre 4mila detenuti, secondo il Collettivo degli avvocati per la difesa dei diritti umani ad Haiti.

Gli effetti del caos ad Haiti

Le azioni delle bande hanno raggiunto nuovi picchi quest’anno, ma sono ormai anni che Haiti è nel caos. L’Onu stima che tra il  1° gennaio e il 9 settembre 2023 ci sono stati 3.000 omicidi e oltre 1.500 casi di rapimento a scopo di riscatto.

Oltre 200mila gli sfollati interni, e non mancano i casi di violenze sessuali e abusi nei confronti di donne e ragazze. A ciò si aggiungono l’insicurezza alimentare – a cui sarebbero esposte 4 milioni di persone – e le enormi difficoltà nel garantire l’assistenza sanitaria. Haiti ha inoltre uno dei tassi di omicidi più alto al mondo – con 41 casi ogni 100mila persone – ed è uno degli Stati più poveri al mondo.

Da giorni Haiti si ritrova anche isolata dal resto del mondo, dopo che le bande hanno preso il controllo del porto e dell’aeroporto.


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