L’abbandono scolastico: la conseguenza di una società alla deriva

di Alessia Giurintano
6 Min.

L’abbandono scolastico, definito anche come “dispersione scolastica”, è un fenomeno che risponde alle teorie sociologiche contemporanee, le quali hanno riscontrato una criticità insita al sistema stesso. La conseguenza immediata è il mancato conseguimento del livello di istruzione previsto come obbligatorio entro i tempi stabiliti dall’ordinamento italiano. La crescita sostanziosa di questo fenomeno, per quanto diffuso a macchia di leopardo, preoccupa.

Perché i giovani italiani interrompono il loro percorso scolastico? Cosa non sta funzionando? Spiccano fra le principali motivazioni di tipo soggettivo, le difficoltà cognitive e di apprendimento, a cui si aggiungono un senso di demotivazione e inadeguatezza. Grande influenza nella scelta la ricoprono le figure genitoriali, e più in generale cornici familiari complesse, disagiate, carenti o assenti (le cosiddette condizioni socio-economiche).

Il genitore ricopre un ruolo di autorità manipolatoria, in alcuni casi, tanto da essere motivo di ansia per i propri figli. Gli insuccessi personali, l’ego, la paura di un giudizio del proprio ruolo e le aspettative che hanno di loro, investono i figli fino a schiacciarli, costringendoli a mollare la presa. Non si sentono padroni delle loro scelte, anzi, piuttosto legati e intrappolati in quelle dei genitori (che spesso sono il riflesso delle loro insoddisfatte decisioni).

Il torpore del sistema scolastico arresta il naturale sviluppo dei giovani studenti

Il sistema scolastico italiano, che studi sociologici definiscono “a selezione precoce”, rispetto ad esempio a quello americano “a selezione tardiva”, è bloccato ancora oggi ad una idea gentiliana di stampo fascista. La fascistizzazione della Nazione, infatti, sotto il regime totalitario di massa che fu quello di Mussolini, ha investito tutti gli aspetti del sociale a partire dalle istituzioni di questo tipo.

L’idea era quella di formare figli della patria, cittadini fieri e consapevoli, e per quanto oggi l’obiettivo sia fortunatamente cambiato, il mezzo è sempre lo stesso: la gestione degli spazi scolastici, la disposizione dei banchi, la posizione della cattedra, la centralizzazione delle nozioni teoriche risalgono infatti a quell’altezza cronologica e sono figlie di quel tempo. Un tempo fermo, bloccato, immutato nonostante lo scorrere naturale degli anni e degli eventi.

I giovani studenti italiani sono come il tacchino americano nel giorno del Ringraziamento: riempiti di teoria, ingozzati senza pietà e senza scopo, con l’ombra minacciosa dei programmi ministeriali da terminare necessariamente. Come se la bravura di un insegnante si misurasse in base alla quantità di argomenti svolti durante l’anno.

Gli studenti italiani sono considerati vasi da riempire, obbligatoriamente, e da valutare in serie con la brutale pratica del voto come etichetta esistenziale. Bisogna essere onesti e riconoscere questa fase di stallo, il fallimento del sistema italiano nella sua responsabilità più grande e anche più basilare: formare ed educare.

scuola edificio e abbandono scolastico

La fobia della burocrazia, l’ansia da giudizio del corpo docente (ma non solo!), ha bloccato intere generazioni di studenti che a fine ciclo si guardano intorno spaesati, senza strumenti, ma con la testa pesante di
nozioni che faticano a mettere insieme, e soprattutto, a mettere in pratica.


Il sistema a selezione precoce sta risultando sempre più inadguato, fallimentare, e non risponde più alle esigenze dei ragazzi, i quali, infatti, in età preadolescienzale non sono ancora in grado di scegliere per il proprio futuro. Sono confusi, storditi, vorrebbero tutto ma si sentono niente (e viceversa), e se mettono la testa fuori dalla tana trovano un mondo e una società che non li ascolta, che non li capisce, che non li aspetta né li rispetta. La necessità di un cambiamento è quanto mai urgente, ma è del tutto utopistico se non si ammette in partenza la necessità di revisione di un sistema ormai inefficace.


Quando a cambiare sono i ragazzi, i genitori, la società tutta: affogare nella società liquida


La società contemporanea, e questo è fattuale, è di tipo “liquido”. L’omologazione sempre più feroce e massiccia a cui si sta andando incontro, rischia di ledere i giovani che la vivono e che in essa sono immersi fino alla punta dei capelli. Questa omologazione ha generato un annullamento di interessi: come se l’addizione individuale che porta alla massa si sia trasformata in una sottrazione collettiva il cui
risultato non può che essere 0.

abbandono scolastico

I giovani studenti italiani hanno perso gli stimoli, e soffocati da una realtà virtuale che li stordisce e li inganna con obiettivi materiali a costo (e sforzo!) nullo, perdono la retta via, loro stessi, la propria individualità. Bisogna tenere conto anche dell’impatto sociale e psicologico che ha avuto la pandemia sui ragazzi. La chiusura forzata, l’annullamento fulmineo di qualsiasi attività associativa e di socializzazione, ha arrecato danni a lungo termine di cui ancora oggi i giovani avvertono la scia.

Tornare alla normalità, interrotta o meglio bloccata per un periodo consistente di tempo, ha significato trovarsi davanti a delle scosse di assestamento prolunate che si verificano ancora oggi, e che pesano. Ci sono gli strumenti per poter apportare un cambiamento nella didattica, nel modo di intendere e fare la scuola, ma la direzione che si sceglie è sempre quella più tecnologica e individuale, piuttosto che quella collettiva di socializzazione diretta, frontale. I ragazzi ne hanno bisogno, ma nella voglia di slancio gli adulti hanno lasciato indietro i principali attori: gli studenti.

Scritto da Alessia Giurintano


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