Mahsa Amini: simbolo di libertà e speranza in Iran

di Elisa Quadrelli
5 Min.

Jina Mahsa Amini era una donna curda ventiduenne, proveniente dalla parte del Kurdistan che si trova in Iran. Visitando dei parenti a Teheran è stata fermata da una pattuglia della “polizia morale”, che garantisce il rispetto delle norme islamiste del regime in Iran. L’obbligo di portare l’hijab fa parte di queste leggi, pena multa o carcerazione. Mahsa è stata portata in commissariato perché la polizia morale riteneva portasse il suo hijab non correttamente. Poi Mahsa è finita in ospedale in coma, in seguito è morta.

La versione ufficiale è che si sia trattato di una attacco cardiaco, ma ciò viene smentito dal padre, che riferisce come la figlia non avesse mai avuto problemi di cuore ed anzi, che la ragazza presentava lividi sulle gambe. Attivisti ribadiscono che la giovane donna è morta per un colpo fatale alla testa e la famiglia sospetta sia stata anche torturata. Testimoni accusano la polizia di averla ammazzata picchiandola e ferendola sulla testa all’interno di un veicolo della polizia, mentre si recavano verso un centro di detenzione femminile

Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha poco dopo le prime investigazioni, riportato che si tratta secondo la versione ufficiale di arresto cardiaco o ictus, ma non un pestaggio della polizia morale. Raisi inoltre ribadisce che morti per mano della polizia sono comuni anche negli USA e negli UK, quindi richiede che anche questi paesi vengano messi davanti alle loro azioni.

Erfan Mortezaei, cugino di Amini, riferisce che la famiglia sta subendo pressioni per supportare la versione del regime rispetto alla morte di Mahsa. Tali pressioni hanno visto anche la detenzione del 17enne nipote di Mahsa, poi rilasciato.

Le proteste

Immagini delle proteste nelle città iraniane e curde

La morte della ragazza ha acceso il fuoco della protesta nella capitale e nelle zone ad ovest. In alcune delle proteste le donne si sono tolte il velo (hijab) e hanno augurato “morte al dittatore” Ayatollah Ali Khamenei. L’Iran sta inoltre adottando dure misure contro chi protesta, incolpando agenti esteri di essere i fautori dietro alle proteste, accusa spesso usata per contenere i dissensi interni. Sono ancora in atto proteste in più di 12 città iraniane e ben 40 a livello internazionale, proteste tra le più intense degli ultimi anni, mosse dalla rabbia per la repressione sociale e la crisi del paese. L’esercito ha riferito nella giornata di venerdì che avrebbe “affrontato i suoi  nemici”, minacciando esplicitamente chiunque insorga. Le proteste sono quindi diventate sfida aperta al governo e tentativo sovversivo nei confronti della Repubblica Islamica, un grido alla libertà. 

Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alle polizia morale ed agli altri enti della sicurezza iraniani che impiegano la violenza contro le proteste pacifiche. Si contano almeno 36 civili morti durante le proteste. A seguito del fuoco fatto divampare su alcuni commissariati della polizia, il governo iraniano ha impedito l’accesso ad internet ed ai social media. Si cerca cosí di arginare i movimenti di protesta ed impedire la comunicazione con l’esterno. Sono stati resi pubblici video, forti e significativi, di donne che bruciavano i loro hijab e si tagliavano i capelli.

Le proteste sono ormai dilagate e si sono osservati elicotteri sorvolare le zone interessate e forze speciali sono intervenute per sedarle.

Donne in prima linea alle proteste reggono una foto di Mahsa

Le città sono isolate e si vive con la paura che i morti aumentino. Le città dove chi protesta ha preso il controllo sono quindi circondate dalle forze speciali. Il popolo curdo, che da tempo cerca la sua indipendenza e viene etichettato come popolo di terroristi da parte della Turchia e dell’Iran, è stato coinvolto nella situazione di crisi e caos che riguarda l’Iran. Mahsa Amini stessa era curda, di Saqqez. La repressione nelle città curde è più dura, anche perché c’è meno informazione rispetto a queste città. Infatti il governo iraniano ha accusato la minoranza curda di fomentare la ribellione: con l’artiglieria hanno colpito le montagne irachene dove si trovano i gruppi di opposizione curdi. Il governo punta il dito verso i curdi in un tentativo di procedere con una tattica “divide et impera”, prendendosela con il popolo curdo, capro espiatorio da anni. Tutto questo con il fine di calmare le proteste e trovare nuovi motivi per rappresaglie contro i curdi.

Mahsa Amini intanto è diventata simbolo della ribellione contro l’oppressione durissima alla libertà degli iraniani e la condizione femminile del paese. Sono soprattutto i giovani che in un moto di coraggio stanno esplicitamente ribellandosi contro il regime.

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