5 buoni motivi per guardare i film della “Nouvelle Vague”

di Emanuele Fornito
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 8 Min.

Il cinema, seppur relativamente giovane, è un’arte che nel corso dei decenni ha subìto numerosi mutamenti, causati o influenzati da periodi e fatti storici, socio-economici e culturali, variando da Paese a Paese.

Oggi affronteremo 5 buoni motivi (in ordine sparso) per i quali recuperare i film della corrente cinematografica sviluppatasi tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 in Francia: la Nouvelle Vague.

Pierrot le Fou (1965) di Jean-Luc Godard

1. La rivoluzione cinematografica

Non potevamo non partire da una delle caratteristiche portanti della corrente: la rivoluzione cinematografica.

La Nouvelle Vague nasce dalla volontà di giovani appassionati di cinema di voler distaccare l’arte cinematografica dalle grosse case di produzione statunitensi, le quali avevano creato uno stile sempre uguale che aveva sì reso grande Hollywood dagli anni ’20 agli anni ’40, con il cosiddetto Classical Hollywood cinema, ma che aveva spogliato il cinema di quella libertà artistica. Tra i principali esponenti troviamo artisti come Jean-Luc Godard, Françoise Truffaut, Alain Resnais, Claude Chabrol, Jacques Rivette, Eric Rohmer o anche Agnes Varda, Louis Malle, Jean-Pierre Melville e Chris Marker, la maggior parte accomunati da un’amicizia già precedente al debutto cinematografico (ed è per questo che spesso essi sono protagonisti di cameo nei film dei colleghi), da una voluta mancanza di fondi economici (che ha dimostrato al mondo la capacità di creare capolavori basandosi soltanto sulla forza della cultura e dell’estro artistico) e da un’idea fortemente anticonformista.

Jean-Luc Godard

Questo atteggiamento controtendenza non ha influenzato soltanto il contenuto delle storie, ma il modo stesso di fare cinema, ovvero la tecnica cinematografica: ad essere cambiate e stravolte furono infatti tutte quelle regole non scritte che, fino a quel momento, erano reputate sacre. Parliamo per esempio della rottura della quarta parete, ovvero il rivolgersi di un personaggio direttamente allo spettatore guardando in camera (che nella Hollywood classica era reputata una vera e propria eresia), o del montaggio non lineare e volutamente dinamico; ma parliamo anche della scelta di tematiche nettamente diverse dalle solite storie di svago hollywoodiane. Ad essere trattati, infatti, sono principalmente temi quali l’amore, l’esistenzialismo (tra cui figura anche l’alienazione dell’uomo moderno), la ricerca della bellezza estetica, la critica sociale e politica contemporanea e, più in generale, tutto ciò che potesse permettere al regista di dare una propria opinione su tematiche più disparate. Ne è un esempio la filmografia di Godard, nella quale è frequente l’utilizzo di monologhi nei quali il regista inserisce delle proprie riflessioni su ideologie politiche, sull’amore, sulle relazioni interpersonali o sulla poesia (per citarne alcune).

2. L’erudizione culturale

La nuit américaine (1973) di François Truffaut (è possibile osservare il riferimento a “Quarto Potere” di Orson Welles)

Un’altra caratteristica degli artisti della Nouvelle Vague è l’erudizione culturale. I registi, infatti, spesso inseriscono nei propri film numerosi riferimenti a poeti, pittori, musicisti e registi, arricchendo questa corrente di una forte componente culturale che riesce a trasmettere tutta la passione dei giovani artisti per la cultura, permettendo allo spettatore di comprendere anche i modelli ai quali i registi si sono ispirati.

3. La varietà contenutistica

Hiroshima Mon Amour (1959) di Alain Resnais

Se è vero che alla base della corrente ci fosse un’idea o una visione comune, è anche vero che non bisogna pensare ai film della Nouvelle Vague come tutti uguali tra loro. Al contrario del Classical Hollywood cinema, ogni regista riesce ad esprimere una propria idea di cinema, ottenendo film quanto più originali ed unici: anche un occhio meno allenato, infatti, è capace di individuare lo stile di un preciso regista (al contrario di numerosi film hollywoodiani nei quali è necessario più allenamento). E’ per questo motivo che questa corrente cinematografica riesce a distinguersi attraverso il racconto di storie nettamente diverse tra loro, e diverse soprattutto nelle modalità narrative.

4. La dinamicità e la sperimentazione

Pierrot le Fou (1965) di Jean-Luc Godard

Seppur messa in secondo piano negli anni ’70 dalla New Hollywood, la Nouvelle Vague ha continuato a donare capolavori almeno fino agli anni ’90, con frequenza naturalmente variabile nel corso dei decenni. La longevità della corrente è dovuta a due fattori principali: innanzitutto bisogna comprendere che i registi aderenti alla Nouvelle Vague scrivevano e giravano film prima per se stessi, e poi per il pubblico; ciò ha permesso loro di continuare ad esprimersi sino alla loro morte, sottraendosi alle dinamiche capitalistiche che avevano ormai pervaso da tempo il mondo cinematografico (e, in un certo senso, riuscendo a mantenere una purezza artistica nelle loro opere). Il secondo motivo è un grado di sperimentazione che, soprattutto in registi come Godard e Rivette, ha differenziato ancor di più la produzione artistica: nel corso degli anni, infatti, con innovazioni tecnologiche sempre nuove, i registi hanno voluto dare una propria interpretazione di esse, riuscendo ad utilizzare in modo innovativo tutto ciò che avessero a disposizione. Ciò ha contribuito inevitabilmente all’influenza che i film di questa corrente hanno avuto sulle generazioni di cineasti successive.

5. La ricercatezza estetica

La Jetée (1962) di Chris Marker

Ultimo motivo, ma di certo non per importanza, è la ricercatezza estetica presente nei film della Nouvelle Vague. La bellezza è infatti un pilastro sul quale si basano i film di questo periodo, una bellezza che non si limita al contenuto, ma che si espande anche alla forma, attraverso per esempio un utilizzo tutto nuovo delle luci, dei colori e delle diverse tecniche estetiche cinematografiche. In questo caso specifico si parla di una bellezza mossa da un sentimento irrazionale: non vengono seguiti canoni fissi di bellezza, ma essa viene ricercata ed espressa attraverso l’inconscio, secondo un procedimento, volendo compiere un parallelismo, proprio del romanticismo idealista.

Scritto da Emanuele Fornito


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