25 Aprile, il ruolo centrale della Parola nel Fascismo

Indottrinamento di massa e censura in epoca fascista

di Costanza Maugeri
13 Min.

Oggi, 25 aprile celebriamo la liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Abbiamo deciso di scendere nel cuore di due fattori essenziali nella dittatura fascista e, in realtà, di tutti i regimi totalitari:  la propaganda e la retorica ossia l’arte della parola usata con l’unico fine di persuadere l’interlocutore.

Il ruolo della retorica nella dittatura fascista

Benito Mussolini in piazza Venezia, Roma

In epoca fascista si diffondono mezzi di comunicazione come il cinema e la radio, quest’ultima in epoca fascista trasmette i discorsi di Mussolini in tutta Italia.

È essenziale comprendere, però, che il ruolo centrale lo ricopre ancora il rapporto diretto con la folla e il discorso di piazza.

Ancor prima di mettere alla luce le peculiarità del discorso mussoliniano, vorremmo delineare il concetto di propaganda che rappresenta il fine della retorica.

Secondo la definizione fornita da Garth Jowett e Victoria O’ Donnell:

la propaganda è il tentativo deliberato e sistematico di modellare le percezioni, manipolare le cognizioni e dirigere il comportamento per ottenere una risposta che promuova l’intento desiderato del propagandista

Quali sono le caratteristiche della retorica mussoliniana?

La retorica fascista, in primo luogo, subisce l’influenza dell’oratoria dannunziana caratterizzata da cultismo letterario e dall’efficacia retorica legati alla figura del poeta vate cioè di guida e al suo militarismo patriottico che si inserisce negli anni della Prima guerra mondiale.

Scendendo propriamente nelle caratteristiche linguistiche della propaganda fascista sono stati individuati:

  • l’uso di metafore religiose (martire, asceta);
  • militari di stampo romano (centurione, manipolo, Duce, littore);
  • l’utilizzo compulsivo di grandi numeri (milioni di italiani, decine di caduti).

Come è possibile notare l’utilizzo di questi termini suggerisce una visione del fascismo pronto ad emulare la grandezza dell’Impero romano. L’uso di termini religiosi, inoltre, evidenzia l’idea di Mussolini basata sul percepire l’instaurazione del fascismo come la via che porta alla salvezza.

Essenziali nella retorica mussoliniana sono, inoltre, la presenza di slogan e iperboli che puntano sul sentimento. Entrambi fanno breccia sul sentimento collettivo, offuscando, così, la razionalità della massa.

Il discorso di Mussolini del 18 settembre 1938

Ma qual è, quindi, uno degli aspetti essenziali per la manipolazione collettiva?

Sicuramente un ruolo fondamentale lo ricopre il far sentire l’ascoltatore partecipe della mia missione, o meglio, forza per il raggiungimento del mio obbiettivo che diventa quindi un fine comune.

Nei discorsi di Mussolini, infatti, sono essenziali i lunghi silenzi che lasciano spazio all’ovazione collettiva ossia al grido unanime di approvazione.

L’uditore non deve rimanere passivamente affascinato, ma deve essere spinto all’azione, quindi, in conclusione, la retorica deve causare una reazione nell’ascoltatore. Quest’ultimo deve sentirsi parte essenziale di un progetto.

La politica linguistica del Fascismo

Benito mussolini
Propaganda fascista

Abbiamo riflettuto su come l’oratoria svolga un ruolo essenziale in un meccanismo totalitario.

Adesso focalizzeremo la nostra attenzione sulla politica linguistica del Fascismo. Essa è frutto di un aggressivo nazionalismo, che mira a “proteggere” i confini nazionali.

Tra gli aspetti fondamentali vi sono, indubbiamente, la repressione delle minoranze etniche, la politica antidialettale e quella contro i forestierismi cioè i termini stranieri.

Le persone che, ad esempio, nelle aree alloglotte avevano un cognome slavo furono costrette ad italianizzarlo.

La politica linguistica fascista diviene sempre più oppressiva nel corso degli anni:

  • nel 1930 Mussolini ordina l’eliminazione di scene recitate in lingua straniera nei film;
  • nel 1940 l’Accademia d’Italia, istituzione culturale del Fascismo riceve l’incarico di controllare l’uso delle parole straniere e di suggerire alternative italiane ad esse;
  • nello stesso 1940 viene promulgata una legge che vieta l’utilizzo di forestierismi nelle insegne delle ditte, nelle aziende, nella pubblicità;
  • l’Accademia d’Italia pubblica numerosi elenchi di parole vietate, indicando la relativa sostituzione (alcune parole come sport, tram e film vengono accettate perché ormai troppo diffuse).

Il dizionario dell’Accademia d’Italia

Fascismo
Villa Farnesina, sede dell’Accademia d’Italia

Il vocabolario del fascismo scritto dall’Accademia d’Italia sostituisce quello dell’Accademia della Crusca.

Nonostante non ebbe successo, infatti, venne pubblicato solo il primo volume nel 1941, si rivela interessante sottolineare alcune sue caratteristiche:

  • l’eliminazione di molte voci antiche;
  • vengono accettati neologismi, laddove non è possibile sostituirle con parole italiane già esistenti;
  • le citazioni degli esempi nelle voci ammettono D’Annunzio, Pirandello, Deledda e lo stesso Mussolini.

Il vocabolario si presenta più moderato ed equilibrato rispetto alla politica fascista, ma a lungo andare non avrà influenza.

Mussolini contro l’uso del “Lei” e la reazione di Benedetto Croce

Benedetto Croce
Benedetto Croce

Nel 1938 Mussolini avvia una campagna contro l’uso del pronome di cortesia Lei, considerato troppo effemminato. Esso secondo il dittatore deve essere sostituito dal “più romano” Tu o dal Voi di cortesia.

La campagna non ha, in ogni caso, successo perché l’uso del Lei è ormai diffusissimo in epoca fascista.

Vogliamo, ad ogni modo, portare alla luce un esempio di ribellione linguistica al fascismo.

Il filosofo Benedetto Croce abituato a dare del Voi nelle sue lettere per influenza della sua origine napoletana, si rifiuta di aderire alla disposizione fascista.

Egli modifica, quindi, le lettere già scritte e inizia a dare del Lei in quelle che compone da quel momento in poi.

La censura fascista nell’editoria

Censura fascista
© Ibs

La censura fascista consisteva nel controllo sistematico della comunicazione, libertà di espressione, pensiero, parole e stampa.

Tra il 1938 e il 1942, gli italiani, come i tedeschi, avevano acceso il loro rogo dei libri. Ma, a differenza che in Germania, era stato senza fuoco. In Italia migliaia di volumi, forse milioni, per tonnellate di carta, erano scomparsi, si erano dileguati e nessuno ne aveva più parlato.

Giorgio Fabre in L’elenco, censura fascista, editoria e autori ebrei. Torino, 1988

Con la creazione del Ministero della cultura popolare (abbreviato Minculpop, 1937) l’attività della stampa venne sottratta ai prefetti e accentrata a Roma.

Dino Alfieri, direttore del dicastero, assunse la competenza su tutti i contenuti di giornali, radio, letteratura, teatro, cinema ed in genere qualsiasi altra forma di comunicazione o arte. I giornalisti erano tenuti a riportare solo le notizie inviate dal Minculpop, che si occupava anche della forma ritenuta la più conforme agli ideali dell’oratoria fascista.

Nelle case editrici, gli editori avevano dei controlli interni: il loro compito era quello di emanare una lista di libri proibiti, colpiti dalla spietata censura. Nel caso alcuni testi censurati riuscissero ad entrare in libreria, il Minculpop aveva l’obbligo di organizzare una spedizione che aveva il compito di sequestrare, in breve tempo, tutte le opere circolate illegalmente.

Il Minculpop emanò anche delle regole che gli scrittori di romanzi dovevano assolutamente seguire, soprattutto se scrittori di romanzi polizieschi.

l’assassino non deve assolutamente essere italiano e non può sfuggire in alcun modo alla giustizia.

Dino Alfieri

In caso il libro in questione fosse straniero, ma accettato in Italia dal Ministero, Dino Alfieri obbligò ad imprimere le seguenti parole: «Gli usi e i costumi della polizia descritti in quest’opera non sono italiani. In Italia, Giustizia e Pubblica Sicurezza sono cose serie.».

La censura fascista, pur essendo severa, non imponeva grossi limiti sulla letteratura straniera. Gli autori stranieri che potevano liberamente visitare l’Italia e scrivere di essa e potevano essere letti liberamente.

Le nostre proposte letterarie a tema per voi

Fascismo
© Garzanti

Il 25 aprile 1945, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia proclamò l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai fascisti e nazisti. La giornata consiste nel ricordare la lotta partigiana contro il governo fascista della Repubblica Sociale Italiana. Qui di seguito alcune proposte per omaggiare e ricordare tale avvenimento con dei libri di letteratura.

Coltivare la Memoria è ancora oggi
un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta,
in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze,
a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare

Liliana Segre

Scritto da Costanza Maugeri e Carola Antonucci


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Fonti
Bibliografia: “La lingua italiana, storia, testi e strumenti” di Claudio Marazzini (pagg 327-328,329,330,331), il Mulino
Sitografia: Enciclopedia Treccani, Igor Vitale psicologo, wikipedia, ibs online, garzanti e amazon

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